Una tavola rotonda per riflettere sulle piaghe che lascia la violenza di genere, ma pure per conoscere ciò che è in atto, tra pubblico e privato, per sostenere e favorire il rientro in società di quelle donne che di questa violenza sono rimaste vittime. L’incontro “Violenza di genere, come uscirne?”, che si è svolto questa mattina presso la sede della Provincia di Monza e Brianza, è stata l’occasione per conoscere due progetti sostenuti dal programma Interreg Italia-Svizzera, “Young Inclusion” e “WaW – Women at Work”, entrambi volti a sostenere la fragilità femminile. I referenti delle due reti (che contano complessivamente 20 partner, tra enti pubblici e interpreti privati, sparsi tra Lombardia, Piemonte e Canton Ticino) si sono messi in dialogo con alcune figure di spicco della politica, impegnate a più livelli per la parità e contro la violenza di genere. Sono stati invitati, infatti, il deputato del Parlamento Europeo Massimiliano Salini, la deputata della Repubblica Italiana Maria Chiara Gadda, la presidente del Consiglio delle Pari Opportunità di Regione Lombardia Letizia Caccavale e la Consigliera di Parità di Regione Lombardia Carolina Pellegrini. A fare gli onori di casa, Luca Santambrogio, presidente della Provincia di Monza e Brianza, assieme alla Consigliera di Parità Provinciale Alessandra Ghezzi. Ad accompagnare l’incontro anche l’esibizione di un’attrice, Adriana Bagnoli, e di un musicista, Andrea Motta, che hanno proposto testi di letteratura e musica per riflettere sulla donna, la violenza, il desiderio.
“Young Inclusion” e “Waw – Women at Work” sono due progetti sostenuti dal programma Interreg Italia-Svizzera. “Young Inclusion” ha preso il via nel giugno 2019, ricevendo un finanziamento di 1,2 milioni, e vuole favorire l’inclusione di soggetti fragili, tra cui anche le donne-madri vittime di violenza, attraverso l’attività di alcune community care attive sul territorio lombardo. “WaW – Women at Work”, partito a dicembre 2020, promuove invece il reinserimento lavorativo di tali soggetti femminili attraverso percorsi e laboratori volti alla crescita umana e alla responsabilizzazione. Non vuole essere un progetto di orientamento professionale, bensì lanciare una sfida più profonda che coinvolga la donna e il lavoro: valorizzare il bene nella parte di società disagiata, in quanto le risorse stanno nello stesso tessuto di legami in cui nascono i problemi.
«Siamo molto contenti di aver ospitato questo incontro proprio in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne – ha detto Luca Santambrogio, presidente della provincia di Monza e Brianza -. Ricordare le vittime della violenza e dei femminicidi serve a richiamarci alla responsabilità istituzionale di agire per promuovere ogni azione di prevenzione e soprattutto di diffusione della cultura del rispetto. Ma oggi, attraverso testimonianze toccanti abbiamo raccontato la vita oltre la violenza per dare un messaggio positivo ed aiutare le donne che vivono situazioni di difficoltà a denunciare e chiedere aiuto. Abbiamo voluto portare nel territorio l’esperienza di “WAW – Women at Work” e “Young Inclusion” come buona prassi da conoscere e replicare. Con il PNRR e il nostro Sportello Europa Saev abbiamo l’occasione di realizzare anche nei nostri comuni progetti di community care capaci di accogliere e regalare il sogno di una vita normale».
«Buoni progetti come questi sono frutto di una collaborazione vincente tra realtà svizzere e italiane, ma soprattutto sono frutto di un giudizio corretto sulla violenza di genere – sono state le parole di Massimiliano Salini, europarlamentare -. Poterli conoscere consente anche a chi fa politica di ri-centrare il senso della propria iniziativa. Il Covid ha intensificato la drammatica gravità delle situazioni di violenza, sia in casa che in contesti professionali. “WaW – Women at Work” dà un segnale culturale molto forte, penso anzitutto a chi da vittima viene aiutato a ricostruire la propria autocoscienza attraverso la via privilegiata della riabilitazione professionale e della dignità lavorativa, coerente con la nostra terra lombarda».
«La violenza maschile contro le donne nel nostro Paese è purtroppo un fenomeno ancora molto diffuso, compiuto sovente dal partner, da parenti o da amici – sono le parole di Maria Chiara Gadda, deputata -. La violenza fisica è la punta di un iceberg, fatto di soprusi e privazioni quotidiane che limitano l’autonomia della donna. Della violenza economica nelle relazioni di coppia si parla poco ma è molto diffusa ed è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare soprusi in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze, sulle risorse familiari e sui figli. Progetti come “WaW – Women at Work” sono importantissimi perché utili a scardinare questo meccanismo di dipendenza economica dagli uomini violenti, e allo stesso tempo consentono alle donne di riappropriarsi della loro dimensione sociale, economica e professionale perduta. Serve quindi operare insieme su più versanti. Strumenti normativi, attività preventiva e repressiva, sensibilizzazione. La recente istituzione di un contributo economico mensile per le donne vittime di violenza, il Reddito di libertà, è una conquista importante che affianca il lavoro di istituzioni e terzo settore nel percorso di autonomia e consapevolezza di sè.».
«Ringrazio a nome del Consiglio per le Pari Opportunità della Lombardia gli organizzatori di questo importante momento di confronto e di valorizzazione dei progetti virtuosi nel nostro territorio – ha sottolineato Letizia Caccavale, presidente del CPO di Regione Lombardia – perché è bene raccontare in che modo si possa accompagnare chi ha subito tali ferite e far rifiorire l’umano. La nostra azione istituzionale lavora mettendo al centro la persona in una visione profonda, in tutte le sue dimensioni e la nostra Regione ha attive numerose misure a sostegno delle donne vittime di violenza e delle loro famiglie. Il lockdown ha acuito la violenza sulle donne con picchi del 200% in più nel 2020 rispetto all’anno precedente. Il dolore di una donna è il dolore di tutte le donne e di tutte le cose perché, come ci narra la Genesi, il corpo della donna fu modellato dopo che tutte le cose furono create, come sintesi di tutte le cose precedenti. Per questo ferire la donna è ferire la realtà tutta. È necessario al contrario educare alla grandezza e alla bellezza della vita continuando e implementando i progetti istituzionali nelle scuole per un’educazione vera all’affettività!».
«L’inserimento lavorativo è la vera sfida inerente la violenza di genere – sono state le parole di Carolina Pellegrini, consigliera di parità regionale – poiché molte donne subiscono anzitutto una violenza che, in casa, è anche economica. L’affrancamento parte anzitutto, quindi, da un’autonomia lavorativa, e progetti che si occupano di ciò colgono il punto. La crescita umana dell’individuo è fondamentale: se un percorso di recupero di una donna vittima di violenza è ben fatto, allora si cura anche questo aspetto, con figure specifiche in ogni rete antiviolenza. Ognuna di loro si prende a cuore la persona, per il pezzettino che ha da fare. Serve quindi una rete che funzioni, ogni tassello deve essere integrato agli altri. La donna poi ci deve mettere il suo, di pezzo: io cosa voglio fare di me? serve un’umanizzazione dei servizi».